In tre anni in B, in tre mesi fuori. La parabola di Pietro Sciotto ha raggiunto il suo picco più basso ieri sera, quando al termine della partita persa in casa contro l'Acireale ha deciso di rimettere il mandato, abbandonare la baracca, dire addio al sogno (così lo aveva definito) di guidare il Messina. Con un comunicato ha voluto manifestare tutta la rabbia, il dispiacere, la delusione per come sono andate le cose in queste settimane. Soprattutto, non ha accettato le proteste della curva, di quei tifosi che appena qualche settimana prima lo incitavano a non mollare a bordo di un traghetto, ad andare avanti. Così come non ha accettato le critiche, costruttive e finalizzate ad evidenziare delle anomalie, di alcune testate giornalistiche. Come la nostra. La ricostruzione dei fatti vista da osservatori esterni.
ABBANDONO NAVE? Il calcio è fatto di risultati, Sciotto dovrebbe saperlo visto che ha ribadito di conoscere il calcio alla perfezione avendolo vissuto da tutte le prospettive. A chi aveva osato sostenere che in questo primissimo frangente di avventura in biancoscudato, FORSE (specificato, perché nessuno di noi è portatore della verità universale) è incappato in qualche peccatuccio di presunzione o magari di inesperienza a certi livelli, ha risposto che no, lui aveva le idee chiare, che hanno pesato gli episodi sfavorevoli. Idee chiare significa costruire da subito un progetto tecnico e societario ben identificato, che porti poi a vincere le partite. Non c'è cura migliore per innalzare le soglie dell'entusiasmo e regalarsi scorte di fiducia per definire passo dopo passo un modello positivo. Sciotto ha ascoltato tutti e nessuno, finendo con il venire risucchiato dalle sue stesse convinzioni mutate giorno dopo giorno, quasi vorticosamente. Sarebbe ingeneroso dire che non ci ha provato. Che non ha fatto fino ad oggi il possibile per rilanciare il calcio messinese, ma evidentemente non è riuscito a gestire come avrebbe voluto. E si è fatto consigliare male, non una volta, ma svariate, portato in seno al club troppi equivoci, a cominciar da quelli tattici e tecnici nell'organico. Proseguendo con quelli interni allo staff. Antonio Venuto ha anche le sue colpe, lo diciamo a scanso di equivoci per evitare che si pensi ad una strenua difesa d'ufficio del tecnico. In primis quella di avere accettato scelte che non condivideva pur di restare in sella a quella panchina ambita, ma che sta occupando producendo numeri pessimi. In cima però ci sta il presidente, il capo, colui che decide. E se il capo lascia la nave in avaria, senza provare a portarla in porti sicuri, evidentemente neppure lui ha creduto più di tanto in quel viaggio sbandierato. A me no che non sia stata solo una mossa provocatoria.
LA FORZA DEI RISULTATI. Avremmo avuto piacere ad essere smentiti, nel constatare una presa di posizione forte di chi sta al timone, anche un azzeramento improvviso degli attuali vertici per un tentativo di ripartenza. Vorremmo provare la gioia di vedere il Messina risalire la china, ottenendo successi, migliorando la classifica. E li sì, avremmo certamente evidenziato la bravura di Sciotto nell'essere stato capace di rimettere in sesto una stagione iniziata nel peggiore dei modi. Cambiare idea ci piace, è sinonimo di riflessività. Ma evidentemente nel presidente è stato più forte lo sconforto per tutto quanto si è messo contro di lui. Decisione che, guai il contrario, nessuno può contestare. Sua la società, suo il diritto.
TRA PASSATO E FUTURO. Qualcuno ipotizza o profetizza che probabilmente Pietro Sciotto sconta i danni prodotti moralmente da chi lo ha preceduto, che forse si poteva essere un pizzico più teneri o maggiormente coinvolti. Siamo rimasti freddi, magari è vero. Semplicemente abbiamo imparato, scottati da fatti datati e più recenti, ad attendere prima di decantare e tessere lodi. Abbiamo sbagliato con Franco Proto, lo diciamo senza mezzi termini. Ci siamo fidati delle persone che gli stavano vicino, amici e grandi appassionati della biancoscudata, finendo con loro nello stesso calderone di una situazione finanziaria-contabile che non poteva più essere risanata per miliardi di motivi sui quali sarebbe superfluo tornare. Quello che è importante adesso è non ripetere quegli stessi errori. Non far scattare, nuovamente, l'ennesima ricerca spasmodica all'imprenditore più improbabile che possa toglierci le castagne dal fuoco, fidandosi del primo che passa pur di mantenere un titolo e una categoria. Farebbe troppo male tornare a parlare di cordate, acquirenti, progetti, promesse, rivoluzioni. Cosa accadrà adesso è difficile da dire, ma abbiamo due punti in classifica, siamo terzultimi, contiamo una squadra in Serie D e un'altra (porta lo stesso nome) che rischia il fallimento eppure dovrebbe partecipare alla Terza Categoria nel comitato catanese. Ma diamine, siamo il MESSINA! Lasciateci la dignità o staccate la spina una volta per tutte.
Autore: MNP Redazione / Twitter: @menelpallone
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