L’eterno dilemma, il pendolo tracciato dai repentini cambi di umore, la voglia di riscatto, l’esigenza di chiudere una esperienza negativa, il disperato tentativo di trovare una sponda che consenta di recuperare una parte delle risorse impegnate o spese inutilmente negli ultimi tre anni, la rabbia e il risentimento per non essere stato compreso o per non aver saputo comprendere quali fossero le scelte giuste da fare, il rancore verso chi continua a vederlo come la causa di tutti i mali, da estirpare a qualunque costo. Non devono essere giorni facili per Pietro Sciotto e la sua famiglia, uniti in un legame ancestrale, ma anche corpi separati e indipendenti quando si tratta di parlare della propria creatura sportiva, l’Associazione Calcio Riunite Messina, rinata ad agosto 2017 quando nessuno aveva voglia e fegato di ripartire dalla serie D, malgrado il solito, fastidioso, rumore di fondo degli onniscienti esperti di sport messinesi, prodighi di favella e pavidi taccagni quando si tratta di mettersi in gioco.
Pietro Sciotto sembra un uomo solo all’interno del microcosmo calcistico in cui è convinto di vivere da oltre trent’anni, ma che, forse di lui ha un'altra immagine, usata per catalogarlo tra le anomalie pittoresche o i polli della situazione da spennare, più che occasione da cogliere. Facilissimo bersaglio per chi lo usa come pietra di paragone per vantare le proprie azioni trasformandole in imprese, o per gli avversari sportivi, sul campo e fuori, o, infine, per le decine di dirigenti, calciatori, addetti ai lavori con cui si è confrontato o che ha contrattualizzato da quando è alla guida dell’Acr. Da qualunque parte la si guardi, è una collezione di occasioni sprecate.
In assenza di conferme dirette, dobbiamo usare il condizionale, ma davvero negli ultimi giorni, Sciotto ha incontrato e discusso approfonditamente con almeno un paio di imprenditori, a cominciare da quelli salernitani per quella che, da un minuto all’altro, stava per trasformarsi in cessione di quote sociali con la presenza dello stesso Sciotto, variabile dal 33% al 50%, ma senza mai arrivare al traguardo agognato, almeno a parole, dall’imprenditore nel settore delle concessionarie di automobili. Ossia il totale o quasi disimpegno, magari con il riconoscimento di una sorta di buonuscita o di un parziale recupero almeno delle spese a suo tempo sostenute per aderire al bando indetto dal Comune ed iscrivere la nuova società in serie D.
Ieri, spifferi provenienti dalla società sembravano indicare il raggiungimento di un'intesa, con alcuni dettagli tecnici da definire prima di mettere nero su bianco e già i primi programmi concreti per avviare la nuova stagione, considerando anche la scadenza del 24 luglio in cui occorre perfezionare l’iscrizione. Stamattina qualche cambio di direzione, diventa di nuovo prioritaria la cessione totale delle quote societarie e, sembrerebbe, il rifiuto di continuare la trattativa espresso dalla parte acquirente. A questo punto, diventa impossibile riuscire ad interpretare i segni del prossimo futuro per il Messina, visto che potrebbero anche riaprirsi ipotesi paventate nel recente passato di collaborazioni più o meno strutturate con personaggi già protagonisti (nel bene e nel male) dalle nostre parti, oppure propendere verso la consegna nelle mani del sindaco, preludio a una scomparsa praticamente sicura, visto il totale disinteresse del primo cittadino e della sua Giunta alla ricerca di reali soluzioni di spessore alla crisi del calcio cittadino, in completa continuità con le amministrazioni comunali degli ultimi 25 anni.
Vittime di questo ennesimo teatro dell’assurdo sono gli irriducibili tifosi messinesi, appesi a un flebile spiraglio di speranza del futuro della squadra che rappresenta la continuità della storia calcistica messinese, ancora una volta abbandonata al proprio destino nell’indifferenza snob della città. Un finale scontato per una società rimasta corpo estraneo rispetto all’ambiente, per responsabilità di chi l’ha guidata ed ancora oggi non riesce nemmeno a trovare un modo per lasciarla senza complicarsi ulteriormente la vita.
Autore: Davide Mangiapane / Twitter: @davidemangiapa
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