Se per la strada vi dovesse capitare di imbattervi in un tifoso del Messina, provate a chiedergli cosa desideri per la sua squadra del cuore, e fermatevi un attimo ad ascoltarne la risposta. Con stupore e meraviglia, vi renderete presto conto che, non si tratterà dell’acquisto di un noto calciatore o dell’allestimento di una rosa competitiva, in grado di lottare per la promozione. Tali responsi, magari scontati in ogni altra parte d’Italia, a queste latitudini, perdono di consistenza, travolti e schiacciati da una realtà storicamente avversa a sogni e voli pindarici. L’insieme di vocali e consonanti sputate fuori dalla bocca del vostro interlocutore, con ogni probabilità, finirà, piuttosto, per comporre un solo termine, inserito nel dizionario sotto la voce "tranquillità". La parola, così semplice da intendere nel suo significato, ha, in riva allo Stretto, progressivamente assunto le sembianze di un miraggio, una vera e propria oasi nel deserto, pronta a dissolversi, nel momento in cui, acquisiva concretezza la sensazione di averla raggiunta.
Discorso esagerato, non veritiero, potrete pensare ed io non pretendo cambiate idea. Alla vostra conclusione ci arriverete da soli, non prima però, di esservi sottoposti ad un piccolo esperimento.
Siete appena entrati al “San Filippo”. Allo stadio, a vedere il Messina non andavate da un po': troppo invitanti divano e televisione perché vi sfiorasse l’idea di abbandonarli. Questa settimana, tuttavia, la pausa per la Nazionale stoppa la serie A e voi, distrattamente, sul giornale, avete letto di Lucarelli e dei progressi compiuti sotto la sua gestione. Decidete, allora, di verificare in prima persona. Al botteghino avete comprato il biglietto e, con debito anticipo, prendete posto nella parte più alta della Curva. Non avete alcuna intenzione di cantare e sapete bene che lì, nessuno vi dirà nulla. Guardate l’orologio. Al fischio d’inizio manca ancora mezz’ora e, per ingannare l’attesa, portate indietro le lancette.
E’ l’estate del 2005, il campionato è finito da un po' e la biancoscudata, contro ogni pronostico, lo ha concluso con un esaltante settimo posto. Mentre la lunga storia giallorossa tocca il suo punto più alto, in cadetteria finiranno Atalanta, Brescia ma soprattutto Bologna. I felsinei, sono società blasonata dal passato nobile e glorioso e, per tali ragioni al verdetto del campo fanno fatica ad arrendersi: contestano la posizione del Messina e auspicando una sua retrocessione, mirano a sostituirlo. Ne deriveranno due mesi di passione e traghetti bloccati, finché un tribunale deciderà di dare il giusto peso a quanto dal terreno di gioco è emerso. Ah quasi dimenticavo, i giallorossi avrebbero maturato pure il diritto di disputare l’Intertoto, entrata di servizio per la Coppa Uefa. Ad impedirci di realizzare il sogno di veder giocare il Messina in Europa, una licenza mai rilasciata, e per la verità, neppure troppo cercata. Secondo i più esperti il doppio impegno toglierebbe energie preziose, meglio concentrarsi sul campionato dove l’obiettivo resta la salvezza. Risultato? Si retrocederà e, aspetto più doloroso, a darci il colpo di grazia arriverà la Reggina. Intanto scoppia calciopoli, e con la Juventus spedita in serie B, veniamo reintrodotti in A. La Dea Bendata per una volta ci ha sorriso, ma noi, maleducatamente, decidiamo di voltarle le spalle ed al termine di un'altra annata disastrosa torniamo silenti tra i cadetti, portando con noi il triste primato, di essere riusciti nell’impresa due volte in altrettanti anni. Il peggio, nonostante ciò, sembra essere alle spalle, l’estate profuma di ricostruzione e ai nastri di partenza ci presentiamo con una squadra competitiva che, ad un tratto, ci illude, addirittura, di poter agganciare il treno play-off. E’ effimera sensazione, riposta in soffitta, come un abito invernale all’arrivo della primavera. L’ultima in casa, contro il Lecce già promosso, è una festa ed il giusto tributo ad una stagione, comunque, dignitosa. Nulla, quel giorno, lascia presagire la tempesta che di lì a pochissimo si abbatterà sulle teste e nei cuori dei supporters peloritani. Il presidente Franza non iscriverà la squadra, si dovrà ripartire dalla D. Anni bui si succedono, fatti di permanenze risicate e di lunghissime giornate trascorse davanti al tribunale, in attesa di una proposta di acquisto. Manfredi con un gesto disperato salva il Messina, ma è chiaro, da subito, si tratti di soluzione temporanea. Gli subentrerà Lo Monaco, due promozioni ed il ritorno tra i professionisti, poi la fuga, non prima di averci regalato un'altra umiliazione, l’ennesima: La Reggina, sempre lei, ci condanna ai dilettanti. Ci salverà di nuovo una sentenza. La biancoscudata passa a Stracuzzi, un campionato travagliato termina con il settimo posto ma le ombre non mancano e, fra proposte vere e presunte, corriamo veloci ai giorni nostri. La classifica, tanto per cambiare, non sorride e, nostro malgrado, di troppe vicissitudini ci dobbiamo curare, per badare soltanto al campo. Proviamo a far finta di niente, a cantare e saltare ma, per quanto ci tappiamo le orecchie, basta uno spiffero a gettarci nel panico.
Poi sentite fischiare. E’ l’arbitro. Indica il centro del campo, l’Andria ha appena segnato e voi siete tornati alla realtà dopo un viaggio durato quasi un’ora. Vi alzate in piedi, guardate sotto. I ragazzi non hanno smesso un attimo di incitare la maglia. Nonostante tutto, nonostante tutti. Meriterebbero, ora siete consapevoli del motivo, un pò di tranquillità. Sono pochi, attendono tempi migliori ma, intanto, non mollano: “Passeranno i giocatori, le annate le società, ma noi siamo sempre qua”. Esibiscono fieri i lori vessilli, spendono il fiato e consumano i polmoni. Urlano sempre più forte finchè la formazione peloritana, trascinata dal suo pubblico, si scuote dal torpore. Tante occasioni, quindi, il pari, meritato.
“Fino al novantesimo Messina gol” è una preghiera che rimane inascoltata, finirà 1-1. La vittoria è ancora rimandata, non fa nulla, "alzo le braccia e canto per te".
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