Dopo aver riassaporato le sfide determinanti per le ultime promozioni in serie cadetta, in questa nuova “tripletta” spingeremo l’asticella verso l’alto, inebriandoci del profumo della massima serie. Il Messina, infatti, ha disputato cinque campionati di serie A, giocandone, però, solamente due al Celeste. Gli ultimi tre, com’è noto, vennero condotti al Franco Scoglio, scenario di partite epiche, entrate nel cuore di ogni abitanti della città dello Stretto. Nonostante il cambio di “casa”, però, l’ultima promozione venne conquistata nel fortino di Via Oreto, nella stagione cadetta 2003/04.
Prima di rivivere due sfide determinanti dell’annata sopraccitata, effettuiamo un’incursione nei favolosi anni ’60, decennio epico per la nostra città. All’epoca, infatti, il respiro commerciale della città peloritana veniva alimentato da venti europei, con una sequela di attività che davano lustro al nome di Messina. Le manifestazioni dell’Agosto messinese (Coppa “Cesare Lo Forte”, “10 ore di Messina”, “Il teatro dei dodicimila”) erano conosciute in tutta Italia e, sull’onda di questa effervescente vita cittadina, anche il calcio seppe ritagliarsi uno spazio importante nel panorama nazionale.
Dopo aver dominato il campionato di B 1962-63, davanti a formazioni come Lazio e Bari, il Messina di Mister Mannocci si presentò, per la prima volta, ai nastri di partenza della serie A. Dopo un inizio un po’ traumatico, i giallorossi guadagnarono i punti utili per agganciarsi al treno salvezza e, il 19 aprile del 1964, si prepararono a ricevere la Juventus al Celeste, con qualche timore reverenziale ma con un’insanabile fame di punti. L’impianto di Gazzi, neanche a dirlo, si presentò gremito al limite dell’immaginabile: la traballante struttura, in tavoloni lignei, sembrò rafforzarsi davanti alle casacche bianconere, come un animale braccato pronto a vendere cara la pelle. Le poche e sbiadite immagini di quel giorno, paragonate a quelle attuali, lasciano stupiti e sbigottiti. Striscioni, cori e colori non esistevano ancora e, i tifosi accorsi per sostenere il Messina, vestivano come gli invitati ad un ricevimento di livello. Una costante, però, unisce il Celeste di allora con quello di inizio duemila: l’affollamento disordinato ma coeso, in una sintesi perfetta che sembra indicarci una teoria fondata su di una dicotomia antitetica. E’ come se fosse lo stesso Celeste a generare le persone, invece di custodirle. Al di là della speculazione filosofica, grazie alla solita grinta ed al tifo incessante, il Messina riuscì a capitalizzare un’autorete di Caocci, giunta all’80’, dopo cinquanta minuti giocati in superiorità numerica, in virtù dell’espulsione del Cabezon Omar Sivori.
Forse fu proprio quel pomeriggio che diede impulso al Messina, che riuscì a salvarsi all’ultima giornata, pareggiando 0-0 a Modena, mentre i tifosi ascoltavano a Piazza Antonello la diretta radio della gara.
Con un salto di quasi quarant’anni, invece, torniamo su un terreno abbastanza vicino, anche se purtroppo parecchio distante nei fatti calcistici cittadini. Il 23 novembre del 2003, il rigenerato Messina di Bortolo Mutti, ricevette la visita della Fiorentina di Christian Riganò. Dopo una rete annullata all’attaccante di Lipari, i giallorossi di casa si gettarono all’assalto della porta gigliata, sbrandellando la rete con le marcature di Parisi, su rigore, Di Napoli e Sullo. Il Celeste impazzì per quello scalpo eccellente raccolto dai giallorossi, che ebbero la consapevolezza di poter lottare per qualcosa di grande. Dopo quella sfida, infatti, sullo Stretto caddero anche, tra le altre, Verona, Genoa e Ascoli, prima dell’apoteosi finale che venne conquistata il 5 giugno del 2004 contro il Como.
Sulla partita contro i lariani, come è ovvio, si sono versati fiumi di inchiostro (reale ed “informatico”) e, anche i messinesi che non “frequentano” gli ambienti pallonari, ricorderanno una notte di delirio cittadino, che investì perfino la provincia.
La squadra della famiglia Franza, amorevolmente coccolata dal Cavaliere Aliotta fino alla serie B, si presentò alla sfida del secolo con la certezza di essere vicina al mito, in una città che stava letteralmente impazzendo per i propri beniamini. Gli ultimi biglietti disponibili vennero praticamente polverizzati, altri (forse) furono stampati per l’occasione. Chi ha partecipato a quella notte di gioia e colori, la serberà nel proprio cuore per tutta la vita… una serata per animi romantici, per cuori legati visceralmente alla città di Messina. Come sappiamo, la partita in sé si esaurì in poco tempo: bastò una doppietta di Arturo Di Napoli, giunta nei primi venti minuti di gara, a mandare al tappeto il già retrocesso Como. Nel secondo tempo, inoltre, una bomba su punizione di Alessandro Parisi diede avvio alla festa.
Quello fu l’ultimo atto del Giovanni Celeste. L’ambizioso Messina dei Franza, infatti, traslocò al San Filippo, oggi Franco Scoglio, per disputare la massima serie, scrivendo pagine meravigliose che contribuirono a raggiungere il settimo posto nel più alto livello italiano. Una favola spezzata in un caldo giorno dell’estate 2008, quando i proprietari decisero ripudiare la serie cadetta per iscrivere la squadra nel massimo torneo dilettantistico nazionale. Una storia che, speriamo, adesso può riscrivere il proprio finale, tornando nel luogo dei mille sogni. Il Celeste aspetta solo di essere, finalmente, risvegliato.
Autore: Marco Boncoddo / Twitter: @redattore
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