Se il futuro è virtuale, per una volta siamo un passo avanti. Sarà per quella patina di malinconia che inevitabilmente suscitano i ricordi, specie se belli, o perché, di fronte a una sfida, ad arretrare proprio non ci riusciamo e l’orgoglio ci impone di tirare fuori gli artigli. Qualunque sia la motivazione, abbiamo vinto e, gli esperti insegnano, questo conta, nello sport soprattutto. In tempi di magra, basta la “MaCheNeSannoCup” a renderci fieri e a farci stringere, compatti, intorno alla biancoscudata.

Quel tridente delle meraviglie, capace di incantare lo stivale, trascinare il Messina a uno storico settimo posto e, per converso, distribuire dispiaceri in serie da Milano a Reggio Calabria, passando per entrambe le sponde romane, di successi non è mai stato sazio, nemmeno adesso, con gli interpreti a spasso per l’Europa e gli scarpini saldamente appesi al chiodo. Di Napoli, Zampagna e Iliev, a ben guardare insieme hanno giocato poco, ma di questo nelle scorse settimane nessuno se n’è curato: sacrosanto. La bella vita della Milano da bere, le acciaierie di Terni, l’indolenza tipica degli slavi: genio e sregolatezza alla corte di Cariddi, eroi casuali di un popolo sfrontato, irriverente alla stregua dei suoi paladini.

La competizione social più famosa del pallone nostrano ha incoronato lo Stretto, risvegliando in noi, inguaribili innamorati, una passione sopita: mai morta. La realtà ha le tinte scolorite e rudi della serie D, le sembianze dell’ennesima occasione sprecata e di un torneo trascorso a sguazzare nel pantano della mediocrità. La memoria, invece, ha colori sgargianti ed eredità pesanti, evidentemente troppo per essere raccolte. Un passato di stadi pieni e strisce lunghissime d’imbattibilità, squadre invincibili e uomini gloriosi: favole da raccontare ai bambini per farli addormentare. 

La storia, con il vizio maledetto di ripetersi, se ne ignori i segnali ti punisce, così una dopo l’altra, compagini altrettanto nostalgiche sono cadute, domate dai tenori giallorossi. Il percorso verso il trofeo è stato un album di fotografie, ingiallite dal tempo, eppure vive nella mente di chi ha visto Scaringella inchinarsi a Foggia, Rafael gelare l’Inter e D’Agostino, travestito da Maradona, prendersi da solo l’intera posta al Via del Mare di Lecce. Flashback di gol all’incrocio e serpentine ubriacanti, con la colonna sonora magica della curva sud a fungere da collante tra campo e spalti, nonni e nipoti. Emozioni di cui non ci stancheremmo mai di parlare, fuochi d'artificio a cui è bastato un like su facebook per tornare ad ardere. D’altronde, abbiamo già vinto a San Siro una volta, nulla vieta che possiamo farlo di nuovo.

Sezione: Fuori Campo / Data: Ven 18 gennaio 2019 alle 15:46
Autore: Giovanni Sofia
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